L' esordio letterario di Marco Bigi, Sei bellissima (ed. Lantana), è il racconto di alcuni anni della vita di un ragazzino, per la precisione 1972-1975, che segnano il passaggio irrinunciabile e fondamentale tra due momenti dell' esistenza, passaggio simbolicamente rappresentato attraverso un trasferimento, altrettanto epocale, dal paesino di Ponte agli Stolli alla "città" di Figline.
Marchino, il protagonista in cui probabilmente l'autore stesso autobiograficamente si riconosce, racconta in una sorta di diario (o meglio di soliloquio) quegli anni che lo vedono misurarsi contemporaneamente con l'amore per una donna molto più grande di lui (con la conseguente perdita dell' innocenza fanciullesca) e il dover abbandonare il "nido" del paese, che sembra quasi un rifacimento valdarnese di quello sprigionato dalla incredibile fantasia di Guareschi.
Le giornate al Ponte agli Stolli a quel tempo passavano, secondo la narrazione che ne vien fatta, lietamente e senza traumi (a parte le scappatelle extra-coniugali di qualche paesano/a che comunque, alla fine, venivano riassorbite nel tram-tram quotidiano): quel mondo originariamente di cultura contadina si era naturalmente evoluto nella forma ideologica del comunismo nella sua versione light, cioè italiana e più specificatamente toscana, che voleva dire in pratica: lettura e distribuzione di un solo giornale (l' Unità), fede indiscussa nei dogmi del leader e del verbo (Berlinguer), serate un pò tristi alla Casa del popolo e, soprattutto, totale ignoranza di quello che era nella realtà il socialismo applicato nell' Europa dell' est con il suo mix mortifero di povertà, dittatura e militarismo. Così, tutte le domeniche, Marchino segue il padre nella distribuzione porta a porta del giornale, perché a quei tempi i segretari delle "cellule" del PCI erano un pò capi politici e un pò controllori della salute pubblica e privata (vedere in proposito il bellissimo film Le vite degli altri ), anche se poi va a fare il chirichetto alla chiesa della Poggerina (e questo la dice lunga su quella tradizione antiliberale che ha dominato la scena politica italiana per quasi tutta la prima repubblica, e che è stata notoriamente definita "catto-comunismo").
Quello di Marchino è un mondo di certezze incrollabili, dove prevale la logica binaria (operaio/padrone, comunista/fascista, maschio/femmina, amico/nemico), è in fin dei conti il prodotto di quella cultura resistenziale che scaturì dalla lotta antifascista durante la guerra, e che è poi rimasta immutata e si è impantanata nel corso degli anni, senza praticamente accorgersi che la Storia (in particolare gli anglo-americani e non i partigiani) aveva sconfitto e affossato per sempre il fascismo. Ponte agli Stolli diventa così il luogo ideale per coltivare le normali pulsioni erotiche della fanciullezza (fino ala scoperta illuminante della masturbazione sulla sella di un motorino, in verità cosa alquanto improbabile per un maschietto), mescolandole ai sogni di vittoria del socialismo in Italia, allorquando il PCI trovò il suo più grande successo nelle elezioni del '75. Il socialismo, agli occhi del protagonista e degli altri personaggi come Gostino, che gli fanno da sponda, è bello come una chimera, una vera e propria utopia (così come sembra essere un non-luogo il paese in cui si svolgono i fatti, tanto è idilliaca la sua rappresentazione). Ed è forse questa la ragione perché uno dei fenomeni più devastanti di quegli anni, il brigatismo rosso, viene soltanto accennato di sfuggita: il volto crudele e grondante di sangue del comunismo non può che essere rimosso nella narrazione (veramente "revisionistica") della storia italiana degli anni Settanta.
Sei bellissima è un racconto pieno di nostalgia. Ma se fosse soltanto la nostalgia di un' età meravigliosa e irripetibile come la fanciullezza, sarebbe comprensibile e forse la si potrebbe anche accettare. Il problema è che qui si tratta di un vero e proprio rimpianto ( nonostante alcuni momenti di vera comicità che restano le sue pagine migliori) per una tradizione cultural-politica che è veramente tramontata nella storia di questo Paese e di tutto il mondo contemporaneo, Russia e Cina comprese. Questa nostalgica rappresentazione di un mondo ideale anche se mai pienamente realizzato (per fortuna nessun partito comunista ha mai vinto le elezioni in Italia e in Europa) risulta, dunque, formalmente sdolcinata e sostanzialmente conservatrice. Sembra che più che aver appreso la lezione dei grandi Tozzi, Palazzeschi e Pratolini, l' autore si voglia collocare nella tradizione vernacolare e bozzettistica toscana ( penso soprattutto a Renato Fucini ), anche per la struttura narrativa frammentaria del libro, in assenza di un plot veramente significativo.
Certo se ci sarà un seguito, la storia di Marchino è abbastanza prevedibile e proverò ad anticiparla brevemente: cresciuto si chiamerà, ovviamente, Marco, lavorerà e farà carriera alla Coop o in una municipalizzata o magari all' Unipol; probabilmente farà in qualche legislatura il consigliere comunale e perfino l'assessore; infine, crollato il Muro e con esso le residue speranze, si comprerà un macchina di lusso e si iscriverà al PD, ma penserà comunque che Matteo Renzi è uno "di destra", e che quando c'erano il PCI e l' Unione Sovietica la vita era più bella.
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17/01/2012 ore 18:55 Gentile Sig. Riviello, sento di aggiungere poche cose per rispondere alla sua “recensione”, si fa per dire.
Forse non sa che questo romanzo e non soliloquio o sorta di diario, come lei afferma, è stato positivamente ben recensito da critica autorevole e competente.
Fermo restando che ognuno di noi può avere le opinioni che crede su qualunque cosa voglia, non è altrettanto “corretto” avvalersi di un romanzo e strumentalizzarlo a tal punto da informare chi legge del suo parere negativo sul Comunismo.
Sarebbe stato lo stesso se fosse stato sul fascismo o qualunque altra questione.
Non è quello il punto.
E neanche sapere se le è piaciuto….
Usare un romanzo, molto piacevole da leggere, a tratti divertente a tratti dolce, scritto correttamente in un linguaggio colorito, pieno di toscanità, che forse solo noi toscani, dotati di sottile ironia, possiamo davvero cogliere e apprezzare, mi pare davvero fuori luogo.
Porre l’accento sul lato politico, che fa da sfondo al romanzo, è riduttivo (ogni vicenda avviene in un determinato periodo e quindi in un determinato quadro socio-politico-culturale), ma non troppo per chi il libro non lo ha letto o forse capito, altrimenti avrebbe colto che questo romanzo narra di sentimenti, di amicizia, di fatti quotidiani, accaduti in un borgo della provincia di Firenze, visti dagli occhi nostalgici di un adolescente che li racconta da uomo ormai maturo, così si definisce il “romanzo”.
Non mi sorprende che la cultura per il PDL e non solo di Figline V.no consista nel parlare male del Comunismo, dell’oltrecortina ecc…., e questo detto da chi comunista non è né lo è stata.
Sveglia! siamo nel 2012.
….Dimenticavo…….Occhio agli errori di ortografia: un po’ si scrive con l’apostrofo, non con l’accento sulla lettera o.
18/01/2012 ore 21:22 Il comunismo esiste ci mancherebbe, anche se comprendo coloro come lei che non vogliono essere accostati "virtualmente" agli ex del PCI poi DS ed ora sono nel PD.
Ce li ha vicino è che si sono mimitizzati....
Appuntamento alla "Biblioteca Gilberto Rovai" per la quinta edizione per la rassegna nata per favorire e diffondere la lettura. Appuntamento per sabato 26 e domenica 27 ottobre